Come fare ad assistere col sorriso? Quali sono i modi, i tempi, gli equilibri che sono coinvolti in questo tipo di relazione?
Perché non è così semplice…. Proverà a dirci come fa il nostro Valentino, “il volontario col sorriso”.
Buona lettura!
Come fare ad assistere col sorriso? Perché non è così semplice.
In effetti mi sono accorto che è proprio difficile spiegarlo, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare – si!!! – ma il proverbio è al contrario per me: è sicuramente più facile fare che dire.Sinteticamente potrei dire semplicemente che ci si arriva relazionandosi con le persone, non prendendosi troppo sul serio, ironizzando e giocando sull’equilibrio tra il reale e il surreale, usando la fantasia e la capacità di improvvisare.
La durata delle assistenze nella mia esperienza è in media di qualche mese, pochissime raggiungono l’anno, anche se si può instaurare una relazione profonda anche solo dopo uno o due incontri di poche ore o minuti. Occorre perciò avere disponibilità del proprio tempo quando si inizia una relazione di questo genere, ma un tempo non ben quantificabile, perché dipende molto da come si svilupperà l’assistenza nel corso della malattia. Unica certezza è quella di avere coscienza che il rapporto sarà interrotto solo dalla morte del paziente, perché non si può giocare con i sentimenti delle persone, soprattutto dei malati terminali.
Dovremo anche essere preparati a superare la perdita e ad accettare il suo distacco. Certo ciò vale per ogni tipo di relazione di grande intimità assistenziale, ma un’assistenza fatta con il sorriso porta a un grado di vicinanza incredibile, che io ho osato chiamare addirittura amicizia e che in alcuni casi, ve lo posso assicurare, è andata anche oltre…
Questo è solo ciò che dobbiamo sapere per non far soffrire e per non soffrire noi stessi, per conoscerci e per poter assistere in questo modo.
La prima cosa che mi è venuta in mente è stata la stesura del documento di etica del volontario Vidas. Mi parve da subito che la definizione di come stare accanto al paziente non potesse essere scritta, perché era un concetto troppo astratto e anche in contrasto con quanto mi era stato detto a tutti gli incontri cui avevo partecipato: non esistono regole in un rapporto tra volontario e paziente, ogni rapporto è unico e irripetibile e addirittura può variare di volta in volta anche con lo stesso assistito.