Lei non lo sa, ma quello spasmo rapido e furtivo ha siglato l’esperienza che trasforma una ragazza in donna e una donna in madre. […] In verità di essere «in dolce attesa», come scrivono i giornali femminili, lo sapeva ormai da mesi. Ma è sul tram numero 28, in un giorno di novembre, che il bambino si è fatto vivo nella sua individualità e, uscendo dalla dimensione del sogno, è entrato nella capsula spaziale del corpo materno da cui, piccolo astronauta, uscirà quando sarà pronto per l’atterraggio.
Così Silvia Vegetti Finzi – membro del Comitato Scientifico Vidas – nel suo nuovo libro parla de “L’ospite più atteso”, il figlio che nascerà, analizzando le emozioni della maternità per mezzo del suo alter ego Lena. A metà strada tra il racconto personale e l’analisi dell’esperienza universale di ogni madre, l’autrice fornisce interessanti spunti di riflessione a chi come me si trova alle prese con un turbinio di sensazioni a volte contrastanti. Un legame ambivalente che unisce, come già sulle pagine di questo blog ci aveva ricordato l’autrice, la prima e l’ultima carezza.
Una storia di vita che è anche cronaca di un’epoca – la fine degli anni Sessanta – che può sembrare ormai passata ma che conserva lampanti correlazioni con la nostra contemporaneità. Come negare, per fare soltanto un esempio, la nostra incapacità di sfruttare un patrimonio istintuale che dovrebbe essere innato ma che deve essere risvegliato attraverso l’insegnamento? Invece di dare retta ai messaggi coi quali il corpo e il bambino comunicano, ci affidiamo a letture che ci spiegano cosa stiamo vivendo e corsi pre-parto. Della secolare trasmissione di esperienze alla puerpera sopravvivono soltanto edulcorati aneddoti che non sono in grado di trasmettere un sapere pratico.
Se la consapevolezza di essere incinta esaudisce il desiderio narcisistico della gestante e appaga la sua «voglia di pancia», non basta tuttavia a stabilire una relazione col bambino, che dovrà bussare al grembo e al cuore della madre perché la loro storia davvero cominci.
Non basta un test di gravidanza positivo, forse nemmeno la prima ecografia: è il momento in cui il bambino si manifesta nella sua corporeità che segna un punto di non ritorno. E d’improvviso, in quella che più volte l’autrice definisce “l’epoca della fretta”, il tempo rallenta fino a fermarsi e quel che ancora sembrava sogno diventa una realtà. Una realtà che porta con sé anche incertezze e domande, specialmente se come accade alla protagonista l’ospite più atteso non è il primo ad essersi annunciato:
D’altra parte come potrebbe Lena sentirsi adeguata a un compito così arduo, a un’impresa che, nel suo caso, già una volta era fallita?
Dubbi, paure, insicurezze che accompagnano ogni tappa dell’attesa ma che sembrano dissolversi nel momento in cui avviene l’incontro tra madre e figlio e il cosiddetto bambino della notte, frutto dell’immaginario, lascia il posto al bambino del giorno, in carne ed ossa. Ne sapranno certo dare testimonianza le tante madri che ripercorreranno attraverso il racconto di Silvia Vegetti Finzi le loro esperienze. Per quanto mi riguarda non vedo l’ora di conoscere “L’ospite più atteso” e di toccare con mano quanto descritto in uno dei passaggi che chiudono questo intenso libro:
Apparentemente sembrano i giovani coniugi di prima con in più una neonata, in realtà non saranno mai più gli stessi. L’avventura della maternità e della paternità li ha cambiati profondamente: quando nasce un figlio nascono i suoi genitori.