Sono passati più di quindici anni da quando le prime volte mi avvicinavo agli aspiranti volontari che rispondevano all’annuncio di Vidas Hai del tempo da dedicare a chi soffre? Come allora, provo anche oggi il dispiacere di non poter accogliere la disponibilità di tutti. I motivi sono a tutela dell’aspirante volontario, del fatto che “non si faccia del male”, e a favore dei nostri assistiti e delle loro esigenze: sono sempre loro al centro dell’assistenza.
La mancanza di tempo è uno dei primi criteri di esclusione. Non è sufficiente qualche ora sporadica alla sera o nei week end, “non è un volontariato a ore”.
Quanti volti ho visto passare nei colloqui di selezione, spinti dalla stessa voglia di dare, titubanti, ma pronti ad accogliere il nostro parere, frutto dell’esperienza di anni, consapevoli che non si improvvisa un compito come quello del volontariato a fianco dei malati terminali….
Altri criteri più profondi, al di là degli aspetti più pratici, vengono indagati nel processo di selezione, che coinvolge più persone e fasi, dal primo colloquio, al corso di formazione di base, fino al tirocinio.
Cerco sempre di porre attenzione alla disponibilità di chi si propone, per capire se è pronto anche a fermarsi, a non varcare il limite, col rischio di “bruciarsi” nel troppo darsi. Cosa si cela dietro ad atteggiamenti schivi, potrebbe superare poi con l’esperienza le sue timidezze, possiede un equilibrio che gli permetta di stare in situazioni di sofferenza? È in grado di creare un po’ di vuoto dentro di sé, per accogliere le storie degli altri, o il suo ego prende il sopravvento, e come si dice in gergo è troppo “autocentrato”?
Ricordo tra i tanti qualche approccio emblematico di nuovi volontari (indicati qui con nomi di fantasia). Paola si è avvicinata a noi faticando a rispondere serenamente, emozionandosi a sentire parlare di fine vita… Forse troppo vivo il ricordo dell’accompagnamento alla morte del suo papà. Un po’ di dubbi da parte nostra sull’idoneità a svolgere un compito così delicato senza farsi del male. Una forza particolare in quella giovane donna ci ha convinto ad accoglierla al corso. Paola ha poi tirato fuori una grinta inattesa e un’apertura incondizionata verso gli altri, e per anni è stata una volontaria posata e pronta, sorridente, sulla quale poter contare sempre. Questo un esempio in cui una fragilità iniziale si è trasformata in forza… Regalando a molti il suo sorriso!
Penso poi a Carlo, ingegnere manager, un po’ rigidino nell’approcciarsi, voleva da subito programmare ogni suo momento nel volontariato, dava una disponibilità certa e sicura ma ad orario fisso, rigorosamente dalle ….alle…. Sono stati i nostri malati e la sua disponibilità a mettersi in gioco a cambiarlo, a fargli capire quanto il cronometro vada lasciato fuori da Casa Vidas, quanto l’orologio meccanico debba lasciare il posto a quello biologico, del cuore, dimenticando la vita frenetica per lasciarsi guidare e stupire dai nostri malati. E la sua nuova flessibilità ha stupito lui per primo, e lo ha reso versatile e pronto ad operare su tutti i setting assistenziali… E lo stupore ha colto anche me, che credo nel valore dei volontari e nella forza del cambiamento.
In fondo cerchiamo tutti la stessa cosa… una ricerca di senso della vita, della bellezza delle piccole cose. E se ci crediamo e abbiamo voglia di stupirci, di lasciarci guidare da chi ha tanto da dirci, magari con un linguaggio diverso dal nostro, la meraviglia ci coglie e ci sorprende con le sue emozioni attraverso i racconti dei nostri malati.