Restituire. Leggevo sul Corriere le parole del pluristellato chef Bottura intervistato su un progetto di mensa per i poveri in occasione dell’Expo: “avevo voglia di restituire un po’ del mio successo…“. Sono parole che sento spesso dai volontari: chi lo chiama successo, chi fortuna, chi amore, chi senso di giustizia. Restituire donando a chi in questo momento è meno fortunato con la consapevolezza che oggi tocca a lui ma domani potrei essere io. Anche noi di Vidas abbiamo una chef che di stelle ne ha veramente tante, la nostra Caterina co-autrice del libro Cucina con il trucco, che ci regala la sua ricetta dell’essere volontario.
Da quando sono volontaria nell’hospice, quasi 6 anni, ho incontrato tante persone, tante storie diverse, tanti volti che mi hanno guardata, scrutata, cercata e anche respinta. Vedo davanti a me una carrellata di facce, di occhi, di sguardi che non posso dimenticare, perché ogni volta, da ognuna di queste persone, ho imparato qualcosa. Non sempre è stato facile, talvolta mi sono sentita inadeguata per non essere riuscita a trovare – nel breve tempo che abbiamo a disposizione in hospice – il canale giusto di comunicazione. E talvolta mi sono sentita non sufficientemente perspicace, non abbastanza aperta all’accoglienza e all’ascolto. Ma tutte le volte sono tornata a casa pensando che quelle ore passate con i malati sono una delle cose migliori della mia vita, un tempo dedicato agli altri che spero sia utile, ma che sono sicurissima che è utile e prezioso a me.
Infatti ho imparato a guardare in faccia alla sofferenza degli altri, che poi è quella di tutti noi, ho imparato ad ascoltare, a non giudicare, ad accogliere e a cercare di capire al di là dell’apparenza. Ma ho anche imparato a non offendermi se qualcuno mi risponde male, a non dispiacermi se un paziente mi rifiuta, a svestirmi dei panni della persona attiva e sempre di corsa sul lavoro per diventare un essere umano a disposizione degli altri. Perché abbiamo tante facce diverse, ma tutti abbiamo un cuore pieno di sentimenti buoni e cattivi, di desideri e di aspettative, di delusioni e di speranze. In questo siamo tutti assolutamente uguali.
L’esperienza dell’hospice, a contatto con tante persone che soffrono e che hanno bisogno di comunicare, è una palestra insostituibile per imparare ad affrontare le difficoltà della vita senza perdere il senso della misura, per imparare a non spaventarsi davanti alla malattia, che prima o poi capita a tutti.
Questo perlomeno è successo a me: se chiudo gli occhi vedo tante storie, tanti volti, tante voci e penso che ognuno di noi ha la possibilità di non essere solo nei momenti difficili. E questo pensiero mi riempie il cuore di speranza.