Leggendo il racconto di Ave mi sono venute molte riflessioni, che sono i valori che Vidas cerca di trasmettere ai corsi per volontari: il fatto di sentirsi sempre in formazione, imparare ad ascoltare e a vedere i bisogni degli altri al momento, sapersi modificare, trovare sempre spazi di vita anche quando sembrano persi, cogliere la bellezza di momenti estemporanei, sapere accompagnare e lasciare andare, tenersi sempre un ricordo…. Valori che Ave ha saputo fare propri, in modo semplice e diretto, passando dalla teoria alla pratica e riuscendo a dare un senso al suo essere volontaria.
Grazie mille di aver avuto voglia di emozionarci… ci sei riuscita, hai reso la bellezza di un incontro. Attraverso il tuo racconto ci ricorderemo di Carla e del suo gusto per i colori. E continua pure con questo spirito di “TIROCINANTE PER SEMPRE!”
Sono una volontaria tirocinante del long day. A volte penso che in fondo resterò una tirocinante per sempre perché fare la volontaria al Vidas è una di quelle cose della vita per le quali non mi sentirò mai definitivamente pronta.
Qualche giorno fa dall’hospice è scesa Carla. Una paziente ad uno stadio molto avanzato della malattia. Eppure Carla aveva ancora voglia di entrare in quella che io considero una specie di “bolla”, la bolla del long-day. Una bolla piena di suoni, colori, odori e tanto altro, dentro la quale torniamo tutti un po’ bambini.
Capita sovente che i pazienti giunti dall’hospice si limitino ad osservare le attività svolte dagli altri. Ho imparato a coglierne il valore: anche essere spettatori di ciò che fanno gli altri è “vita”. Nonostante questo mi sono azzardata a proporre a Carla di colorare con i pennarelli: una attività molto semplice. Lei ha rivolto lo sguardo prima sulle sue mani mostrandomele e poi su di me e mi ha fatto capire, senza parole, che non ne era in grado. Le sue mani erano gonfie e senza mobilità: mi sono sentita una sciocca per non aver compreso e soprattutto rispettato la sua condizione. In quel momento ho sentito addosso tutto il peso della mia inesperienza. Poi ho pensato che potevamo fare comunque qualcosa insieme ed ho chiesto a Carla se voleva colorare con me: lei avrebbe scelto i colori indicandomi dove usarli ed io avrei eseguito. Ha annuito ed ha cominciato a citare i colori con la sua voce flebile ma senza esitazione e poi con il dito mi indicava dove usarli. “Verde”, “rosso”, “giallo”, “azzurro”…a volte sembrava stanca allora ero io a proporle un colore mostrandole il pennarello. Non sempre accoglieva i miei suggerimenti; allora scuoteva la testa “no il rosa no”. Il suo corpo era provato dalla malattia e dal dolore ma dimostrava interesse, una volontà ed un desiderio di partecipazione di cui ero meravigliata. Io “prestavo” le mie mani a questa vita che c’era, era lì nella nostra “bolla”, ma che ci sarebbe stata ancora per poco, quella vita stava per andarsene…
Al termine del nostro lavoro Carla era molto stanca, era arrivato il momento di uscire dalla “bolla” per riaccompagnarla nella sua camera: ha portato con sé il disegno. L’ho salutata con la triste consapevolezza che non l’avrei più rivista senza sapere nulla di lei se non il suo nome e che non le piacciono il rosa ed il viola: eppure le nostre vite hanno avuto un incontro pieno di senso.