“Se proprio devo essere sincera io questa VIDAS non l’ho mai sentita nominare,” dice Emilia allargando con enfasi le braccia e allungando il sorriso agli occhi. Seguono risate.
Da quando è stata presa in cura da VIDAS, ormai più di due mesi fa, Emilia riceve visite al domicilio cinque giorni alla settimana. A farle visita sono Michele il medico, Mirella la fisioterapista, Sabrina e Giovanna, volontarie, e soprattutto, ogni mercoledì mattina, Francesca, l’infermiera.
“Francesca è bravissima,” dice Emilia prendendole la mano con dolcezza, durante la sua intervista. Non era sicuro che riuscissimo a farla, Emilia ha 89 anni e una brutta gastropatia che – unita a una serie di co-morbidità- l’ha portata a un peggioramento improvviso pochi giorni prima del nostro appuntamento.
Ma si è stabilizzata e ha voluto incontrarci.
L’abbiamo trovata ad aspettarci sul suo lettino articolato con un sorriso dolcissimo.
Grazie all’aiuto di sua figlia Sonia – che con sua sorella Laura si alterna nell’assistenza amorevole alla mamma – sì è preparata con molta cura: il viola dei pantaloni, morbidi sulla sua pelle estremamente delicata, è della stessa sfumatura degli occhiali da vista e un tono appena più accesso rispetto alla fantasia stampata sulla t-shirt bianca che ha voluto indossare per l’occasione: tre palloni aerostatici che librano in volo altrettanti elefanti, con i profili rifiniti da un filo di perline viola.
Vista l’attenzione ai dettagli, non stupisce apprendere che Emilia ha lavorato come sarta per tutta la vita. “Sono arrivata a Milano da Casalpusterlengo quando avevo vent’anni per lavorare in atelier. Ho viaggiato tanto per lavoro, ma ho sempre vissuto qui, sui Navigli. Ho cresciuto due figlie da sola, ho quattro nipoti – Alice, Asia, Samir e Nicolò – e penso sempre a loro, anche quando sono debole come oggi.”
Si vede che Emilia è affaticata, ma ancora mantiene un bello spirito. Si rinvigorisce quando Francesca le fa scegliere un trasferello ad acqua da tatuarsi sul polso. “È un po’ che lo volevo fare. Questi sono piccini, io lo avrei fatto anche lungo 10 cm ma Francesca non se la sentiva,” dice Emilia con filo di voce mentre Francesca ride fragorosamente, all’idea di non essere coraggiosa tanto quanto la sua paziente ultraottantenne.
In assistenze di questo tipo è normale instaurare un legame forte tra paziente e curante. “Le assistenze con pazienti cronici sono mediamente molto più lunghe rispetto a quelle con pazienti oncologici,” spiega Francesca. “Avendo più tempo a disposizione ci si conosce più a fondo”.
L’obiettivo principale dell’assistenza di VIDAS in caso di malattie croniche vuole essere un supporto a 360°: “Cerchiamo di seguire la persona nel suo percorso,” continua Francesca. “Ad esempio, nel caso di Emilia, abbiamo proposto l’intervento della fisioterapista perché lei aveva voglia di alzarsi, aveva voglia di uscire da quel letto e quindi noi abbiamo portato degli ausili a casa che potessero aiutarla nella sua vita quotidiana, come il letto articolato, il materasso antidecubito, la carrozzina e anche il deambulatore in questo caso”. E infatti la settimana scorsa Emilia è riuscita a stare in piedi da sola, un piccolo ma importante traguardo per una persona che è sempre stata fieramente indipendente. Nonostante l’evento acuto, punta già a superarlo: la settimana prossima il suo obiettivo è uscire con la carrozzina per una passeggiata lungo il naviglio insieme alle sue figlie.
“Una malattia cronica ha per natura alti e bassi e richiede molto monitoraggio, sorveglianza e aiuto nel pratico”, sembra concludere Francesca…quando Emilia aggiunge un commento semplicissimo ma che sottolinea l’aspetto più umano dell’assistenza fornita: “Ma noi parliamo anche. È la cosa che facciamo di più quando mi vieni a trovare!”.
Non può sorprendere allora che il tatuaggio scelto da Francesca ed Emilia sia quello di due bambine che parlano al telefono dei barattoli, unite da un filo.