di Giuseppe Ceretti
Lo straordinario valore terapeutico delle emozioni e la responsabilità delle parole. Non vi è sintesi più efficace per ricordare Eugenio Borgna, morto il 4 dicembre scorso a 94 anni.
È l’uomo che ha contribuito a rivoluzionare la disciplina nei suoi lunghi e fecondi anni di psichiatra sul campo e insieme studioso e appassionato scrittore.
Bene ha scritto Cristina Taglietti sul Corriere nel giorno della sua scomparsa: “Curare la persona e non il sintomo è stato fin dall’inizio il centro del suo metodo, alieno da qualunque forma di coercizione o contenzione, strutturato su concetti chiave come dialogo e ascolto”.
Se lo ricordo non è solo per un atto dovuto a colui che ha seguito il cammino di VIDAS e che ha lasciato di sé impronte significative nelle sue partecipazioni ai nostri seminari. Su tutti da ricordare quelli dedicati alle Solitudini (2011) e alla Responsabilità (2015).
Nel dicembre del 2019, dopo la pubblicazione del libro dedicato ai pensieri “curiosi e febbrili” di Giovanna Cavazzoni, mi scrisse di aver rintracciato in quel testo tracce feconde del pensiero e dell’opera della nostra fondatrice. E così ne illustrò il profilo, rigorosamente a mano, con una scrittura minuta, ma quanto mai chiara: “…ne ho colto la ricchezza umana, la cultura vasta come il mare, la passione della speranza, la capacità di intuire l’indicibile nel dicibile, l’invisibile nel visibile e di avvicinarsi con discrezione ai pensieri e alle emozioni delle persone che incontrava. Ne bastava uno di incontro per non dimenticarla e tenerla viva e presente nel cuore”.
In ossequio al motivo conduttore della vita e delle opere di Borgna, consapevoli del peso delle parole, conviene fermarsi qui. Se non dopo aver ricordato come concluse il suo intervento al seminario dedicato alla responsabilità. È l’ultimo verso di una poesia di Paul Celan:
“Quanta fatica per una parola
in questi giorni che sono smemorati
quanta fatica per una parola”
Questo articolo è tratto dal Notizario “Insieme a VIDAS”.
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