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Massimo Martinoli ha iniziato il suo percorso in VIDAS nel 1994, accanto alla fondatrice Giovanna Cavazzoni. Oggi lavora in farmacia dove insieme ai colleghi prepara i sacchetti di medicinali per i pazienti assistiti a domicilio. «Mi occupo dell’approvvigionamento, della preparazione delle richieste terapeutiche e dell’organizzazione dei sacchetti che vengono consegnati a casa, seguendo le indicazioni dei medici», racconta.
È un lavoro tecnico, rigoroso, che richiede una concentrazione altissima: «Un errore può avere conseguenze serie. Per me il paziente viene sempre prima. Chi soffre ha bisogno di cura, la cura richiede attenzioni».
Grazie a una convenzione con Regione Lombardia e alla collaborazione con la Croce d’Oro, VIDAS garantisce la fornitura gratuita dei farmaci anche a domicilio. Ogni giorno Massimo prepara in media 30-35 sacchetti, con punte che possono arrivare anche a 60, ciascuno controllato due volte. «Ogni pacchetto copre il fabbisogno per una settimana e viene consegnato entro 24 ore. In caso di emergenza, anche nel pomeriggio stesso».
Oggi VIDAS segue oltre 300 pazienti a domicilio – adulti e pediatrici – più quelli ricoverati nei letti di hospice. «È un impegno enorme, ma di grandissimo valore per le famiglie che assistiamo», sottolinea Massimo.
In farmacia non si lavora solo con le mani, ma anche con la testa e il cuore. «Quando preparo un sacchetto, penso alla persona che lo riceverà: a cosa potrà significare quel farmaco per la sua qualità di vita. Capisci quando la situazione peggiora anche solo dalla quantità o dal tipo di terapia. Non ci si deve mai abituare alla sofferenza».
Pur non essendo farmacista di formazione, Massimo ha costruito il suo sapere giorno dopo giorno: «Sono entrato in VIDAS a 19 anni, ho fatto segreteria, amministrazione, e dal 2008 sono in farmacia. Ho studiato, mi sono formato, mi sono impegnato. E oggi questo lavoro mi appassiona, perché so che facciamo qualcosa di grande».
Anche i volontari, spiega Massimo, svolgono un ruolo importante, non solo nel controllo della corrispondenza dei farmaci restituiti o donati ma anche per la distribuzione. Serve molta attenzione.
«Mi dicono che sono pignolo. Io dico che sono preciso. E in questo lavoro, la precisione è una benedizione. La sicurezza di chi curiamo dipende anche da noi».
Ma c’è un elemento che va oltre la tecnica: la riconoscenza di chi ha ricevuto le cure. «Quando le famiglie tornano per ringraziare, o ci dicono che VIDAS ha permesso una fine serena, sento che stiamo facendo qualcosa di davvero importante. Ed è questo che mi dà la forza di continuare».