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19.07.2021  |  Donatori

Il legame con VIDAS nel racconto di un grande donatore, Alberto Frisia

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Di questo gentiluomo, l’avvocato Alberto Frisia, ci sono molte facce che non smettono mai di sorprendere. Per esempio il tono coinvolgente e l’eloquio che par disegnare nell’aria un’ellissi o, ancora, la vivacità intellettuale, figlia di una curiosità inesauribile, anche quando l’età suggerirebbe sentenze e non dubbi.

Come stupirci allora dei suoi amori senza confini, i fiori, la poesia, la letteratura, non a caso espressioni diverse, ma profondamente coerenti, di un tracciato di vita destinato alle cose belle?

Sia come sia, l’avvocato ama danzare entro i suoi ricordi sul filo di una formidabile memoria, resa avvolgente da un’ironia che nella vita è ingrediente di giovinezza.

È nel ‘97 che Alberto ritrova l’amica d’infanzia Giovanna Cavazzoni. Sottoscrive per la creazione della terza equipe socio sanitaria che aumenterà da 100 a 150 le persone assistite ogni giorno. Gli piace quel legame, profondamente terreno, con il dolore e la sofferenza. Non a caso ha destinato anche l’ultima donazione ai lavori di ristrutturazione di Casa Vidas che è il ceppo originario di quest’avventura solidale.

C’è in quest’uomo uno straordinario impasto di concretezza dell’agire e di capacità di volare con il pensiero. L’esempio viene da lontano, da padre e madre. Confessa che le parole, tanto più belle se vengono da menti alte, sono il propellente necessario, gli occhiali per poter vedere realtà concrete di sofferenza.

Le emozioni di una vita, dalle visite quand’era ragazzo ai bambini di Don Gnocchi o al Piccolo Cottolengo di Genova, si susseguono in un racconto che mescola privato e pubblico in armonia, come se l’uno non potesse avere luogo senza l’altro. Rammenta le attese in corsia del padre, sottoposto alla Clinica Città di Milano a lunghe sedute di radioterapia:

Quanti ragazzi, quanti bimbe e bimbi malati vidi passare. Un’emozione che mi ha fortemente condizionato.

Da qui la ritrovata amicizia con Giovanna nel principio del nuovo secolo ha fatto il resto. Come la lezione che gli viene da un grande amico qual è stato Gianni Bonadonna.

Il lavoro silenzioso, ma essenziale di VIDAS si snoda sull’esperienza vissuta con un geometra del suo ufficio al quale viene diagnosticato un cancro incurabile. Medici e volontari dell’Associazione lo sostengono con tanto amore e competenza da consentirgli di partecipare al matrimonio della figlia. Al rientro dalle nozze chiede di vederlo e gli tiene stretta la mano, sereno: “È morto il giorno dopo”.

Un attimo di sospensione e poi mi dice che per potere allargare le cure occorre che le anime sensibili allarghino le braccia. Senza proclami.

Ricorda una splendida frase consegnata da Giovanna in un’intervista al Corriere: “Il mio sogno era un hospice con una cupola di vetro che si apre al cielo”. È il sogno realizzato di Casa Vidas, che l’avvocato Frisia torna a sostenere in occasione dei suoi 15 anni e dell’appello lanciato per la necessaria ristrutturazione.

Eccolo che torna a vestire i panni che gli sono abituali, di chi sa volare con il pensiero. È un tumulto di ricordi che scendono a valle, una cascata di bellezza incontenibile, come la fantasia che è un po’ la sua anima di perenne ragazzo.

Perché sorprendersi allora se mi confessa la sua tenacia nel coltivare la memoria giorno dopo giorno? Così, sulla via di casa, mi consegna la sua ultima fatica, un racconto saggio dedicato ai pittori e alla pioggia. Perché? “Perché esistono migliaia di quadri con paesaggi nevosi, ve ne sono pochi con pioggia”.

Torna infine a VIDAS. Spiega a modo suo che cosa significa sensibilità. Nell’atrio di Casa Sollievo Bimbi è tracciato un alveare. Nelle cellette sono indicati i nomi dei donatori:

Sai come si è firmato un grande amico di VIDAS? Un cittadino. Ti par poco? È tutto.

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