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12.11.2012  |  Cultura

Menzogne sulle cure palliative

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Diffondere con parole appropriate il senso delle cure palliative affinché esse siano note e comprensibili a tutti, così come già lo sono oggi la cardiologia, la chirurgia, la traumatologia e tutte le specialità, è un nostro dovere di medici e di palliativisti. Non è giusto che le persone vengano a conoscenza, solo quando sono ammalate e fragili, del significato delle cure palliative. Più semplicemente: non è giusto, non è etico, che il medico sappia cosa sono le cure palliative e non lo sappia l’ammalato al quale vengono applicate.

Scusate mi sono un po’ scaldata, ma informazione e comunicazione e consenso alle cure fanno parte dei diritti e doveri dei cittadini. E ora… buona lettura!

Menzogne sulle cure palliative

Nella stesura di questo editoriale, che riguarda alcune falsità a proposito di cure palliative, l’autore si rifà a Confucio . Confucio stabilì una correlazione tra parole, pensieri e azioni, fra linguaggio, significato e realtà. Tale link viene così espresso da Confucio. “ se le parole non sono corrette il linguaggio non coincide con la realtà delle cose. Se il linguaggio non coincide la realtà gli obiettivi non possono esser raggiunti con successo”.

Se la correlazione tra il linguaggio, il suo senso e la realtà si traduce in distorsione e confusione, anziché in corrispondenza e chiarezza, inizia un ciclo di declino. Se non si esprime chiaramente che cosa si intende, la soluzione proposta sarà quella sbagliata mentre quella giusta resterà disattesa. Se il ciclo perdurerà incontrollato , la realtà si trasformerà in un caos. Ogni azione, che sia espressione di una distorta e confusa visione del mondo, altera ulteriormente parole, pensieri e significati con i quali ci sforziamo di capire dove siamo e dove dovremmo andare.

Alcune menzogne sulle cure palliative comportano non solo una comprensione distorta del loro significato ma ostacolano anche la cura delle persone molto ammalate, dei sofferenti, dei morenti. Identificare e segnalare tali menzogne è un imperativo etico e umano.

Cure palliative equivale a desistere? Falso

La percezione comune che le cure palliative equivalgano a desistere , a demordere, rappresenta una barriera assai diffusa alla attivazione precoce e tempestiva di cure per il sollievo del dolore, dei sintomi stressanti e della grande sofferenza . Alcuni articoli hanno messo in allarme verso tale opinione spesso condivisa anche dagli ammalati gravi, dalle famiglie, dai caregivers , dai sanitari, dagli amministratori e dai politici.

Questa asserzione è una menzogna molto radicata nei confronti delle cure palliative. Le cure palliative devono assolutamente promuovere il rifiuto a cedere alla egemonia di un sistema sanitario dominato da tecnologia e burocrazia che incoraggerebbe un insensato prolungamento della vita e condurrebbe ad una fine amara. Il rifiuto a cedere a questa disumana egemonia è l’esatto opposto di demordere, di abbandonare i pazienti a loro stessi, e dell’abbandono, da parte dei sanitari, di ammalati molto gravi o morenti. Il principio fondante e permeante le cure palliative è” la cura del paziente” a qualsiasi stadio della malattia, con tutta la abilità e l’umanità necessarie a dare valore alla sua vita e alla sua autonomia e a dare sollievo al suo dolore, ai suoi sintomi e alle molte forme di sofferenza che possono frantumare lo spirito umano. Questa e’ la verità , è il nocciolo delle cure palliative.

Cure palliative sono solo per pazienti prossimi alla morte?

C’è l’opinione, più diffusa in alcune Nazioni rispetto ad altre, che per accedere alle cure palliative un paziente debba essere moribondo o debba avere una prognosi stimata a 3 o 6 mesi. Questa convinzione è ancora più radicata in quei paesi che stabiliscono la eleggibilità alle cure palliative mediante 2 parametri : la rinuncia del paziente a sottoporsi o trattamenti curativi specifici o a trattamenti che prolungano la vita oppure la certificazione medica attestante che la aspettativa di vita del paziente è breve e definita.

La netta distinzione delle cure in “palliative” e “curative” è falsa e disumana. Persone molto ammalate possono avvalersi di radioterapia palliativa, di chirurgia palliativa di antibioticoterapia palliativa che sono strumenti necessari per massimizzare il comfort e il sollievo dai sintomi e dalla sofferenza che altrimenti dominerebbero il tempo residuo e deprimerebbero lo spirito. La limitazione delle cure palliative all’ultimo breve periodo di vita corrisponde ad una visione miope, non illuminata e disumana della cura. Uno studio recente ha dimostrato che l’inizio precoce delle cure palliative nei pazienti con tumore polmonare metastatico non a piccole cellule ha prolungato la loro vita , ha migliorato la qualità di vita e l’umore, ha ridotto i trattamenti aggressivi a fine vita ed ha comportato una maggiore incidenza di stesura di testamenti biologici.

Tale studio supporta le posizioni e i principi che con questo editoriale si vorrebbero diffondere, cioè l’integrazione delle cure palliative con le cure oncologiche standard e con le cure standard di altre patologie non oncologiche. Questa posizione è ben espressa da un editoriale del NEJM 2010 “palliative care a shifting paradigm “ che afferma “noi ora abbiamo sia i mezzi che le conoscenze adeguate a rendere le cure palliative una componente essenziale e di routine della evidence -based high quality care per il trattamento delle malattie gravi”.

Cure palliative significa che c’è solamente un modo giusto di morire? Falso

La definizione OMS delle cure palliative parla di “ morire come di un processo naturale”. Il morire , con modalità differenti tra i diversi individui e le diverse etnie, ha una incidenza del 100% tra le creature viventi. Qualcuno pertanto potrebbe pensare che ci sia un solo modo naturale per affrontare la morte; siamo parte della natura e quindi dobbiamo serenamente e tranquillamente accettare che dobbiamo morire.
Tra le molte modalità possibili di affrontare la morte l’Autore ne cita tre. – I mujiks di Leo Tolstoy, i contadini, non si vantavano né si davano importanza, non lottavano contro la morte né fingevano di non dover morire. Essi si preparavano tranquillamente e morivano con semplicità. Questi contadini sapevano come morire perché conoscevano il loro posto nella natura , e lo accettavano. -Un secondo gruppo di persone rifiuta la prospettiva di morire perdendo il “controllo” sulla propria vita. Quando i dolori ossei, la fatigue, la debolezza e la febbre da leucemia acuta iniziarono ad avere il controllo della sua vita, Diana si riprese il controllo sul suo tempo e mise fine alla vita con i barbiturici. Esercitare il dominio sul quando e sul come della propria morte è forse meno giusto che attendere la morte con tutte sue le tappe ? -Un terzo gruppo è rappresentato da coloro che affrontano la morte come un evento che fa parte della natura ma che è contro la loro natura. Una cosa è conoscere e accettare il proprio posto nella natura come un tempo i mujiks; altro è provare acutamente la tensione squisitamente umana tra corpo e spirito, una tensione, in effetti, tra esser parte della natura e esser separati dalla natura. Gli appartenenti a questo gruppo sono persone particolarmente sensibili alla incoerenza tra il poter pensare, capire, osservare e creare ( artistico, letterario, scientifico ed altro) e pur tuttavia dover morire. Essi non cammineranno serenamente verso notte ma si ribelleranno contro la morte.

Tutti noi abbiamo bisogno della forza calma dei contadini di Tolstoj e del profondo rispetto per la nostra indipendenza e per quella degli altri ma abbiamo bisogno anche di ascoltare la voce di coloro che infieriscono contro la morte della luce. Ciò di cui non abbiamo invece bisogno è l’idea “tanatologicamente corretta” che ci sia un solo un modo giusto per morire.

Confusione attorno alle cure palliative

Attorno alle cure palliative regna un alone di confusione che non riguarda solamente le tre falsità citate nell’editoriale; ci sono parecchie altre opinioni e punti di vista, alcuni dei quali richiedono una sfida intellettuale, altri che richiedono attenzione e riflessione. C’è l’opinione ad esempio, che le cure palliative siano in stretto rapporto con l’ eutanasia, questa opinione richiede una sfida intellettuale. Un’altra opinione è che le cure palliative siano una cura di lusso per pochi privilegiati. Questa opinione va accolta e valutata poiché contiene un po’ di verità e una domanda urgente su come muoiono i poveri, gli emarginati dalla società, gli homeless.

Testo originale: Untruths about Palliative Care
David J Roy, Laboratoire de recherche en ètique et viellissement. Centre de recherche, Institute Universitaire de gériatrie de Montreal. Montreal, Quebec , Canada
J Palliat Care 2012;28:3-4

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