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15.09.2025  |  Pazienti e famiglie

Quando prendersi cura diventa un lavoro a tempo pieno

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Chiara Sassi, assistente sociale in VIDAS da oltre 20 anni, offre una bussola a chi per la prima volta si scopre caregiver davanti al mare in tempesta della burocrazia italiana.

In Italia, la maggior parte dell’assistenza ai malati e agli anziani ricade ancora sulle famiglie, eppure molti caregiver si trovano soli di fronte a un sistema frammentato.

Non sanno a chi rivolgersi, quali aiuti esistano o quali siano i costi da affrontare. Una badante può costare fino a 1.600 euro al mese. Le RSA, secondo un’indagine lombarda, arrivano a costare anche 27.000 euro l’anno – in un Paese dove l’84% delle famiglie con una persona con disabilità ha un ISEE inferiore ai 20.000 euro.

Spesso chi si prende cura di un proprio caro lo fa senza strumenti adeguati, senza tutele, senza nemmeno sapere di avere dei diritti.

Oltre la burocrazia: orientamento e diritti per i caregiver

«Molti caregiver si trovano ad affrontare situazioni difficili senza sapere quali risorse hanno a disposizione. È fondamentale avere qualcuno che li guidi», racconta Chiara Sassi, assistente sociale di VIDAS.

Da oltre vent’anni, Chiara si occupa dell’accoglienza delle richieste di aiuto che arrivano all’associazione e segue da vicino le famiglie nei percorsi di assistenza.

Tra le prime informazioni fornite c’è quella sull’invalidità civile e la Legge 104, strumenti fondamentali che permettono di ottenere benefici economici e permessi lavorativi. «Il primo passo è inoltrare la domanda di invalidità civile e, insieme, quella per il riconoscimento dell’handicap grave. In caso di riconoscimento, il paziente può accedere all’indennità di accompagnamento. E chi si prende cura può usufruire di permessi retribuiti, congedi straordinari, part-time e precedenza nello smart working», spiega Sassi.

Spesso, però, il percorso è tortuoso. «Molti pazienti, anche dopo anni di malattia, non hanno mai presentato richiesta di invalidità civile, perdendo così benefici importanti. Il nostro compito è informarli fin dall’inizio», sottolinea Chiara. Il supporto degli assistenti sociali è essenziale per orientarsi fra moduli, procedure e tempistiche. «Ci occupiamo anche di segnalare bonus caregiver, buoni spesa o sostegni comunali, indirizzando le famiglie verso CAF e patronati aggiornati».

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È un aiuto che può fare la differenza, soprattutto per chi lavora come dipendente. «Purtroppo per i lavoratori autonomi le tutele sono ancora molto limitate», osserva Chiara con amarezza.

L’importanza della relazione

A rendere ancora più delicato il compito del caregiver è il peso affettivo. «Alcune situazioni possono disgregare le famiglie, altre invece diventano occasioni di fortificazione, anche nei conflitti. Ma non sempre è facile: capita di vedere figli che non riescono a prendersi cura del genitore, perché sentono che quella persona non è mai stata davvero una presenza importante nella loro vita. E allora “restituire” il bene diventa difficile,» spiega Sassi.

In questi casi, il sostegno pratico non basta: serve uno spazio di ascolto, accoglienza e comprensione. «Aiutiamo i caregiver a dare significato ai cambiamenti nella salute dei loro cari, traducendo informazioni cliniche in un linguaggio più accessibile, più umano». La collaborazione con l’équipe medico-infermieristica è quotidiana e costante, e permette di affrontare ogni dimensione della fragilità: sanitaria, psicologica, sociale.

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VIDAS offre assistenza gratuita a domicilio a Milano e nei comuni dell’hinterland, ma anche accoglienza in hospice e attività ambulatoriali settimanali dedicate a pazienti ancora autonomi. «Casa VIDAS non è un luogo triste, ma uno spazio pensato per accogliere, curato nei dettagli, con camere personalizzate e un’attenzione costante alla persona», sottolinea Sassi.

Prendersi cura della comunità

Il futuro ci pone davanti a nuove sfide. Nel 2040, un italiano su tre avrà più di 65 anni. E sempre più famiglie saranno composte da una sola persona. In questo contesto, «la solidarietà di quartiere può ancora fare la differenza, anche solo per coprire le ore di riposo della badante. È su questa idea di comunità allargata che dobbiamo riflettere», dice Chiara.

Nessuno è davvero pronto a prendersi cura dei propri genitori, ma «non bisogna abbattersi, soprattutto davanti alla burocrazia. Può sembrare insormontabile, ma in qualche modo si affronta».

Il problema non è solo la malattia. È la solitudine. Per questo servono orientamento, informazioni accessibili e reti di prossimità. Perché forse non si può evitare la fatica. Ma si può evitare la solitudine.

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