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01.02.2017  |  Cultura

“Sully” e il fattore umano

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Il film di Clint Eastwood “Sully, attualmente nelle sale, racconta una storia vera accaduta a New York nel gennaio del 2009: il caso eccezionale di un ammaraggio d’emergenza di un volo di linea appena decollato dall’aeroporto La Guardia, causato dallo spegnimento di entrambi i motori per la presenza di uno stormo di uccelli nelle gondole delle prese d’aria. Le procedure d’emergenza prevedevano il rientro immediato ad un aeroporto alternativo, ma il comandante valutò che le condizioni di volo non sarebbero state sufficienti per un atterraggio planato in sicurezza, così decise di non applicare la procedura standard prevista dal manuale e di ammarare nell’Hudson. Una scelta imposta dalla lucida valutazione delle condizioni che rendevano impossibile l’atterraggio consigliato dalla torre di controllo, data dallo scarto di tempo tra l’accertamento dell’avaria dei motori e il momento della scelta operativa: il fattore umano.

Sully. Il fattore umano fa la differenza

Erano trascorsi preziosi secondi non previsti nella procedura imposta dal computer e suggerita nella check list. Tale scelta, criticata inizialmente da una commissione tecnica dell’aviazione civile statunitense, è stata poi approvata e apprezzata valutando il fattore umano preponderante rispetto a quanto previsto dal computer.

Anche il mondo della medicina e della trasmissione del sapere medico si avvale di una sorta di check list detta “albero decisionale” e di protocolli operativi che permettono di standardizzare gli interventi sanitari dalla diagnosi alla prognosi, cercando così di evitare incertezze dettate dalla soggettività della situazione clinica e del medico. Questa modalità applicativa della medicina ha ridotto di molto l’errore clinico attraverso un incrocio di quesiti e soluzioni codificate poi dalle percentuali, ottimizzando i tempi delle visite ma riducendo la durata della relazione medico-paziente. La Sanità è diventata un’azienda, dove si calcolano i costi e i tempi degli interventi specifici: tale modalità operativa ha influito negativamente sulla qualità del tempo tra curante e curato. La visita e la prescrizione dei farmaci creano invece i presupposti per la realizzazione di un’alleanza terapeutica nella relazione medico-paziente.

Vidas da circa trentacinque anni diffonde la cultura delle Cure Palliative – la cui radice latina pallio è sinonimo di mantello – una specializzazione della medicina che ha lo scopo di proteggere il paziente dalle insidie del dolore cronico del cancro prima, e anche di altre malattie cronico degenerative oggi. La caratteristica di questa filosofia medica è proprio quella di proporre interventi particolari e specifici per ogni persona sofferente, tenendo conto non solo dei fattori fisiologici, ma anche di quelli sociali, psicologici e spirituali, confezionando così “mantelli su misura”. Per questa ragione il protocollo standardizzato è stato sostituito dal PAI (piano assistenziale individuale), che prevede una pianificazione e aggiornamento continuo delle condizioni del paziente non solo fisiche ma anche bio-psico-sociali e ambientali condivise da tutta l’équipe multiprofessionale.

Quindi il “fattore umano”, che all’inizio dell’era tecnologica e scientifica era da evitare perché considerato un intralcio alla trasmissione di un sapere operativo, oggi invece riveste sempre più importanza per la valutazione dei servizi erogati, privilegiandone la qualità rispetto alla quantità.

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