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22.05.2025  |  Operatori

“Al centro del mio lavoro c’è la vita dei bambini”

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Ogni giorno, da 7 anni, il dottor Marco Albarini si prende cura dei bambini che non possono guarire e delle loro famiglie insieme all’équipe pediatrica domiciliare di VIDAS. Gli abbiamo chiesto di raccontarci del suo lavoro come pediatra palliativista.

COSA SONO LE CURE PALLIATIVE PEDIATRICHE?

Per dirlo in modo semplice, le cure palliative pediatriche sono quelle cure che permettono di migliorare la qualità di vita dei bimbi che hanno una malattia inguaribile.

Sono cure che a volte possono anche durare per anni. Lo scopo, infatti, è quello di far stare meglio questi bimbi non solo nel fine vita, ma per tutto il tempo di vita che hanno, dando la possibilità di esprimere tutte le loro capacità e i loro desideri. Per questo il medico palliativista si occupa innanzitutto di alleviare la sofferenza, in modo da permettere di fare quelle cose belle, interessanti, piacevoli della vita che ciascuno ha.

Le cure palliative pediatriche sono questo: prendersi cura della vita fino all’ultimo istante, alleviando il dolore e proteggendo la serenità di ogni giorno.

PERCHÉ HA SCELTO DI ESSERE PEDIATRA PALLIATIVISTA IN VIDAS?

Sono arrivato alle cure palliative pediatriche dopo un lungo percorso e credo sia stato un bene, perché prima non avrei avuto la maturità, l’esperienza e la preparazione che servono.

Poi ho incontrato VIDAS e nelle cure palliative pediatriche ho ritrovato i miei stessi valori, quello che significa veramente essere medico per me. Noi, infatti, ci prendiamo cura di questi bimbi globalmente, da ogni punto di vista, anche al di là degli aspetti strettamente medici che pur rimangono fondamentali.

La malattia inguaribile di un bambino è sempre incomprensibile e poter fare qualcosa per migliorare la sua vita per me è la parte fondamentale.

Ogni giorno in cui possiamo alleviare il dolore di un bambino, è un giorno ben speso. Nulla è più importante.

QUAL È IL VALORE DEL LAVORO IN ÉQUIPE?

Lavorare in équipe è fondamentale, perché è l’unico modo per rispondere ai bisogni dei bambini e delle famiglie, bisogni che sono molto più complessi di quanto si possa immaginare. E la squadra non è solo quella dell’équipe, perché noi facciamo in modo di lavorare in sinergia con tutti: pediatri di libera scelta, medici ospedalieri, operatori dei servizi territoriali.

In questo modo si crea una vera e propria rete attorno alla famiglia, fatta di persone che scelgono di dedicarsi ai bambini anche al di fuori dell’orario di lavoro, che si prendono cura di loro con un coinvolgimento che spesso va oltre il dovere professionale.

Non vedo, ad oggi, un progetto più bello, più completo e più utile di questo per i pazienti e per le loro famiglie.

L’ASSISTENZA QUINDI COINVOLGE TUTTA LA FAMIGLIA?

Sì, noi ci prendiamo cura di tutta la famiglia. Innanzitutto dei genitori, perché sono i nostri interlocutori, ma anche dei fratelli, perché non si sentano messi da parte e perché anche loro hanno un loro vissuto importantissimo da accudire e preservare. Quindi vanno accolti nelle loro paure e nelle loro necessità. C’è un’attenzione particolare soprattutto nella comunicazione del fine vita, perché un conto è avere una situazione in cui la malattia è stazionaria, un altro è invece quando la situazione precipita. È necessario un grande supporto per stare di fronte al fatto che il fratello morirà, per cercare di fargli vivere quel momento con gli strumenti più adatti.

COME SI FA A STARE DAVANTI A UN DOLORE COSÌ GRANDE?

Questi bambini, queste famiglie, sono veramente messi alla prova. Ci sono bimbi, adolescenti, assolutamente consapevoli della situazione e a volte te ne parlano. Se sei una persona che riesce a entrare in contatto, decidono di aprirsi con te ed è impossibile dare loro una risposta al perché, al perché di una malattia di quel tipo. Si può solamente restare in ascolto.

Non è possibile fare altro, ma questo è già tanto. Avere qualcuno che ti ascolta, una persona vicina che sa come stanno le cose, che non ha paura di ascoltare, è veramente molto.

A volte per un genitore non è semplice arrivare alla consapevolezza e all’accettazione. Magari in un momento si è consapevole, la notte dormi, poi c’è il giorno dopo: c’è tutta una vita che va avanti ancora per un tempo indefinito. Mettersi nei loro panni non è facile e io ho una grande ammirazione, un grande rispetto per queste famiglie, per il modo in cui riescono a stare in una situazione così complessa.

C’È UNA FAMIGLIA CHE LE È RIMASTA PARTICOLARMENTE NEL CUORE?

Porto nel cuore ogni bambino e ogni famiglia. Magari posso dimenticare una data, ma emotivamente mi ricordo ogni famiglia, ogni bambino, le cose belle che ci sono state e le difficoltà. L’assistenza si chiude e ti dedichi a un altro paziente, ma hai una ricchezza dentro, un’energia, che ti viene da tutte le cose che hai vissuto.

Ogni bimbo, ogni famiglia mi lascia un insegnamento unico, per il modo in cui riesce a vivere una situazione così difficile, con dignità nel dolore: è qualcosa che puoi vedere, toccare, qualcosa che c’è e porti con te per sempre.

IN COSA È CAMBIATO IL SUO LAVORO NEGLI ANNI?

Oggi la medicina dà la possibilità di prendersi cura di bambini che un tempo non sopravvivevano ed è bello che si vada sempre avanti. E quando è evidente che si va verso l’ultimo tratto di vita, dobbiamo avere una disponibilità ad accogliere tutta la famiglia, a preparare i fratellini, a preparare i familiari, e accompagnarli alla perdita.

SOLO 1 BAMBINO SU 5 RICEVE L’ASSISTENZA NECESSARIA. SI PUÒ FARE DI PIÙ?

Sicuramente sì. Il bisogno è grande e le difficoltà sono tante. Per garantire un’assistenza come la nostra, servono tanti professionisti, un’équipe completa. E poi c’è la difficoltà degli spostamenti, perché le strutture non ci sono e non ci sono servizi di assistenza come il nostro e dobbiamo coprire un territorio molto ampio. Noi prendiamo in carico la complessità della rete, gestiamo l’operatività che nessuno gestisce e per farlo serve il personale adeguato e molte risorse.

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