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21.03.2023  |  Racconti

Dove i pazienti possono sentirsi liberi di essere quello che sono

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Il Long Day di VIDAS è un ambiente protetto dove si incontrano altre persone, si crea, si gioca, si ride, ci si confronta e conforta e dove soprattutto i pazienti possono sentirsi liberi di essere quello che sono.

Il Long Day è stato pensato da VIDAS per i pazienti che frequentano l’ambulatorio di cure palliative, con l’idea di rispondere ad alcuni bisogni specifici: socializzare, mantenere le proprie competenze e aumentare la propria autostima.

Il progetto nasce nel 2011 con una giornata lunga alla settimana. Dopo qualche anno diventa un appuntamento bisettimanale, per poter accogliere un maggior numero di pazienti, e resta tale fino al febbraio del 2020, quando la pandemia ne ha causato la sospensione. Finalmente, dopo quasi due anni, dall’ottobre 2022 le attività sono riprese a pieno regime. Ne abbiamo parlato con Marzia Gacati, terapista occupazionale di VIDAS e responsabile del Long Day.

Durante la giornata svolgiamo diverse attività, che scegliamo insieme ai pazienti tenendo conto dei loro interessi e dei loro desideri. Laddove è necessario possono essere adattate, ad esempio fornendo degli ausili, o modificandone alcune parti: l’importante è favorire la partecipazione!”

L’armadio di Marzia è un piccolo scrigno da cui tira fuori carte, giochi di società, gomitoli di lana, colla liquida piena di brillantini, pennelli e perline. “Il lavoro a maglia e la creazione di bigiotteria sono attività che riscontrano sempre successo ma l’attività preferita da tutti è senza dubbio quella che si svolge in cucina”, aggiunge Marzia con un sorriso luminoso. “Chiunque ha un’esperienza diretta di questa attività, e forse, più di tutte, suscita ricordi che possono essere raccontati e condivisi. E poi il fatto di mangiare insieme ciò che si è cucinato è un’occasione di condivisione che porta anche tanta soddisfazione.”

Una tipica giornata lunga

Il Long Day, come tutti i servizi offerti da VIDAS, è completamente gratuito. Inizia verso le 10:00 e termina verso le 15:00 del pomeriggio. Grazie ai volontari autisti, VIDAS offre anche un servizio di trasporto per chi ne abbia necessità.

“Al mio arrivo, insieme ai volontari del Day Hospice, prepariamo la stanza per accogliere i pazienti e predisponiamo il materiale per le attività della giornata,” racconta Marzia. “Accogliamo pazienti e familiari e raccogliamo il vissuto della settimana per capire se hanno delle necessità particolari per la giornata. Poi entriamo nel vivo delle attività, che non sono solo diversionali ma anche riabilitative.” Durante la giornata, infatti, i pazienti sono visitati dal medico e dall’infermiere del Day Hospice ma non solo. Come spiega Marzia, “nell’equipe del Day Hospice sono presenti anche altri professionisti che propongono delle attività comuni, ad esempio in questo periodo la fisioterapista organizza un momento di ginnastica di gruppo per tutti e spesso viene a trovarci anche l’assistente spirituale, che porta di volta in volta alcuni semplici spunti su cui riflettere.”

All’ora di pranzo tutti si riuniscono nella sala centrale per consumare il pasto preparato insieme, “spesso terminiamo con un dolce e un brindisi, quasi sempre abbiamo un’occasione da festeggiare.” Continua Marzia. “Dopo pranzo c’è un momento di relax, e se qualcuno ha bisogno di un mio intervento di terapia occupazionale per affrontare delle difficoltà che incontra a casa, ne parliamo; solitamente poi sono loro a chiederci di rientrare a casa per riposarsi e vengono riaccompagnati dai nostri volontari.”

L’importanza di essere liberi

Il Long Day è un momento fondamentale sia per i pazienti sia per i familiari, perché consente ai primi di uscire fisicamente e psicologicamente dall’isolamento di cui spesso soffrono e permette ai secondi di usufruire di uno spazio protetto a cui affidare i propri cari e vivere un tempo di sollievo in cui recuperare una parte delle energie destinate ogni giorno alla loro cura.

“Mi piace paragonare il Long Day a un contenitore – dice Marzia – al cui interno stanno tante cose. Si incontrano altre persone, si crea, si gioca, si ride, si mangia insieme, ci si confronta ma anche ci si conforta e in questo contenitore, che è un ambiente protetto, i pazienti possono sentirsi liberi di essere quello che sono, di essere malati con i propri limiti e i loro bisogni, ma anche con i loro desideri, abitudini e inclinazioni, insomma portano il loro essere persona e non solo l’essere paziente”.

Sono giornate ricche di soddisfazioni per i pazienti, ma anche per gli operatori. “Sono tanti i giorni in cui torno a casa contenta del mio lavoro. Anche recentemente, mi è capitato di accogliere un paziente al mattino con il viso stanco e tirato e che mi dicesse che non sarebbe rimasto per il Long Day, dopo la visita del medico. Poi però si è fermato per un caffè e una chiacchiera, poi ha visto che l’attività lo interessava e si è fermato ancora un po’, poi è arrivata l’ora di pranzo è si è unito a tavola con noi…. E quando è arrivato il momento per tutti di tornare a casa mi ha detto: ‘non avrei mai pensato che mi sarei fermato per tutto il tempo, ma ora sto bene!’ Ecco, il Long Day ha davvero contribuito al benessere di quella persona! Magari anche solo distraendolo togliendo l’attenzione dalla malattia, dai sintomi, gli ha permesso di tornare in uno stato di benessere.”

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