“La custode di mia sorella” (My Sister’s Keeper) è un film molto interessante per la modalità con cui affronta il tema della malattia di un’adolescente e delle ripercussioni che questo evento ha su tutta la sua famiglia. Tratto dall’omonimo romanzo di Jodi Picoult, la pellicola è uscita nelle sale cinematografiche nel 2009 e vede come protagoniste tre donne: Cameron Diaz (la madre Sara), Sofia Vassilieva e Abigail Breslin (le due sorelle, Kate e Anna Fitzgerald). Vederlo può essere un’occasione per comprendere meglio i sentimenti e le difficoltà di una famiglia che combatte contro una malattia oncologica comparsa in età pediatrica.
La storia racconta la vita di una famiglia che viene stravolta dalla malattia (leucemia promielocitica acuta) di Kate, la figlia più piccola. Da quel momento i ritmi e le priorità cambiano e ogni decisione, ogni attività, ogni respiro sono in funzione della ragazza, che viene supportata da tutti (compresi il padre e il fratello maggiore) affinché possa vincere la sua battaglia contro la leucemia.
Il punto di vista non è più solo quello di Kate, come spesso accade nel racconto delle storie di vita di uomini e donne che si ammalano e imparano a convivere con la malattia, ma è anche e soprattutto quello dei suoi familiari e caregivers, di cui troppo spesso ci si dimentica.
Eppure, non è difficile immaginare che quando una persona si ammala di una malattia grave, l’esperienza è talmente profonda e capace di rompere la routine e gli schemi della quotidianità da rendere tutto il nucleo familiare ammalato. Tuttavia, immaginare è quasi facile, comprendere è difficilissimo. Sofferenza, rimpianti, gelosie, amore per i figli, felicità, sono solo alcuni dei sentimenti contrastanti che chi vive un’esperienza così dolorosa può provare. Questo film aiuta a comprenderli e fa emergere l’importanza di offrire assistenza e sostegno non solo ai malati, ma anche al loro nucleo familiare, affinché i genitori e gli altri eventuali figli possano essere supportati da personale competente e adeguato.
Guardando il film viene voglia di leggere il libro, perché solitamente la lettura permette di assaporare meglio le emozioni originali della storia, che inevitabilmente il regista ha fatto proprie e quindi ha interpretato a suo piacimento. Tuttavia, a chi non si sente di affrontare la lettura, suggeriamo comunque di guardare “La custode di mia sorella” in famiglia, tenendo conto però che in Italia è vietato ai minori di 14 anni. Non perché ci siano scene traumatizzanti, ma perché il tema delicato della malattia pediatrica e della morte viene affrontato a viso scoperto e senza filtri, con un approccio più adatto ad un pubblico adulto.