I miei amici e familiari quest’anno si sono fatti ispirare dalla cultura per festeggiare con me i miei 45 anni. E così ho scoperto un film molto interessante: La custode di mia sorella (My Sister’s Keeper), tratto dall’omonimo romanzo di Jodi Picoult. Uscito nelle sale cinematografiche nel 2009, il film diretto da Nick Cassavetes vede tre donne protagoniste: Cameron Diaz (la madre), Sofia Vassilieva e Abigail Breslin (le due sorelle, Kate e Anna Fitzgerald).
La storia è quella drammatica di una famiglia la cui vita viene stravolta dalla malattia (leucemia promielocitica acuta) di Kate. Da quel momento i ritmi e le priorità cambiano e ogni decisione, ogni attività, ogni respiro sono in funzione di Kate che viene supportata da tutti (compresi il padre e il fratello maggiore) perché possa vincere la sua battaglia contro la leucemia.
Il punto di vista non è più solo quello di Kate, come spesso accade nel racconto delle storie di vita di uomini e donne che si ammalano e imparano a convivere con la malattia, ma è anche e soprattutto quello dei suoi familiari di cui troppo spesso ci si dimentica. Eppure, a ben pensarci, non è difficile immaginare che quando una persona si ammala di una malattia grave l’esperienza è talmente profonda e capace di rompere la routine e gli schemi della quotidianità da rendere tutto il nucleo familiare ammalato… Immaginare è quasi facile, comprendere è difficilissimo…
Guardando il film a me è venuta voglia di leggere il libro perché solitamente la lettura mi permette di assaporare meglio le emozioni che il regista ha fatto proprie e quindi ha interpretato a suo piacimento. A voi suggerisco di provare a guardare il film, sapendo che in Italia è stato vietato ai minori di 14 anni. Non ci sono scene traumatizzanti a mio parere ma sicuramente il tema delicato della malattia e della morte viene affrontato a viso scoperto e, come avrete bene immaginato, riguarda gli adolescenti…
Non voglio dirvi di più della trama per non togliervi il gusto della “sorpresa”… spero possiate apprezzare la mia “delicatezza”. Vi aspetto comunque qui, se vorrete parlarne.