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03.09.2013  |  Operatori

La luna gibbosa

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La luna gibbosa“Questa luna non mi piace!”
“È la luna gibbosa”, mi risponde Lei.

Lei è una giovane donna di quarantasei anni. Da cinque sta lottando contro un brutto tumore: “il mostro”, così lo chiama. Negli ultimi tre lo sta facendo con noi.
Frequenta regolarmente, tre volte la settimana, il day hospice e il long day: la conoscono tutti.
Deve sempre fare fisioterapia e ultimamente le cose stanno peggiorando. Ogni tanto mi dice: “quando finirò di sopra, in reparto, sarà la fine”.

Un giorno le chiedo di usare la sua grande creatività per abbellire le due antine dell’armadietto a vetri della palestra. Detto: fatto! In pochi giorni il progetto è pronto. Sarà un collage così: in basso il prato con carta verde e fili d’erba ritagliati come onde del mare dove galleggiano due grossi girasoli; a salire, sagomati nel polistirolo, due tronchi marroni con rami come mani, le dita grosse spalancate convergenti verso il centro, da cui partono sottili fili di cartapesta arrotolata verde con appese, al posto delle foglie, le sagome ritagliate nel cartoncino di uomini e donne di colori diversi; poi, a chiudere, in alto a destra un bel sole giallo radioso, a sinistra una luna dello stesso colore che a me pare un limone!

“Bellissimo! Le nostre vite sono nelle mani di Dio, appese a un filo ma quella luna non va bene”, dico io.
Ne discutiamo, nasce un contenzioso, lunagibbosa VS quartodiluna.

Lei è risoluta e tenace, si ostina. Mi rendo conto che la caparbietà è il tratto dominante del suo carattere, come poteva se no lasciare il piccolo paese, al centro della Sardegna, per venire a disegnare la propria vita qui a Milano a soli sedici anni?

Ma non cedo, alla fine vinco io. Viene allestito il collage: ci sarà il mio quartodilunabrutto segno!

Viene ricoverata, sta male, ogni mattina la prima cosa che chiedo ai colleghi è come Lei abbia passato la notte finché, una mattina, succede l’inevitabile.

Scendo in palestra, mi siedo e guardo davanti a me il collage, chiudo gli occhi e raccolgo la testa tra le mani, penso a questi lunghi anni, ai momenti belli, a quanto fosse per Lei importante frequentare il long day, alla sua personalità spigolosa ma coerente, alla sua inesauribile progettualità, al suo talento creativo quando, nel silenzio, sento un fruscio accompagnato dal rumore di qualcosa che tocca terra, riapro gli occhi e lo vedo: il quartodiluna è caduto, si è staccato ed ora è lì, davanti all’armadietto, insignificante fuori dal suo contesto.

Mi pareva strano averti convinto, ho approfittato della tua debolezza: ora che sei ritornata forte hai ripreso in mano la situazione, la tua prossima esistenza riparte da qui.

Chiamo i colleghi presenti in quel momento e insieme decidiamo, scossi e turbati, di non riattaccare il quartodiluna, lo metteremo accanto a Lei quando partirà per il prossimo viaggio. Forte ci è arrivato il suo messaggio…

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