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17.04.2014  |  Cultura

Esprimere la stanchezza in musica e poesia

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Possono la poesia e la musica raccontare in versi la stanchezza e la spossatezza che a volte abitano nelle nostre vite, per dolore, difficoltà o malattia? Un brano meraviglioso come Oceano di Silenzio di Franco Battiato è il sottofondo perfetto per le due poesie di Marina Cvetaeva ed Emily Dickinson che, con declinazioni diverse, esprimono bene queste sensazioni, così frequenti tra i malati inguaribili e i loro familiari.

La musica di Battiato: Oceano di silenzio

L’Oceano di Silenzio è un brano del 1989 composto in collaborazione con la scrittrice Fleur Jaeggy, che per questo brano inventa due testi in tedesco, e Battiato li inserisce.

Il primo:

Der Schmerz, der Stillstand des Lebens/ Lassen die Zeit zu lang erscheinen
Il dolore, il fermarsi della vita/ lasciano apparire il tempo troppo lungo. 

Il secondo:

Und mir scheint fast/ Dass eine dunkle Erinnerung mir sagt/ Ich hatte in fernen Zeiten/ Dort oben oder im Wasser gelebt. 
E mi pare quasi che un oscuro ricordo/ mi dica che ho vissuto in tempi lontani/ o là in alto, o nell’acqua.

Un brano profondo e malinconico che sembra dare voce alla stanchezza dell’anima più che a quella del corpo e che rappresenta il sottofondo ideale per le due poesie che vi proponiamo di seguito.

Le poesie di Cvetaeva e Dickinson

Marina Cvetaeva (si pronuncia Zvietàieva ), ebbe una vita tormentatissima: conobbe la miseria, la persecuzione, i lutti, e morì suicida. Emily Dickinson, invece, tranne che in una sola occasione, non si mosse mai da Amherst, paesino del Massachuttets, e nemmeno, negli ultimi tempi, dalla propria stanza. Due percorsi e due voci molto diverse – Cvetaeva nell’impegno civile e politico, Dickinson in ascolto introspettivo caleidoscopico – ci suggeriscono a loro volta due declinazioni differenti della stanchezza, ben espresse in due delle loro poesie più belle.

Dopo un grande dolore
di Emily Dickinson

Dopo un grande dolore, i sensi solenni s’atteggiano –
Come tombe i nervi siedono cerimoniosi –
Il cuore, irrigidito, si chiede: fui io a sopportare
e fu ieri, o secoli addietro?

Meccanici si muovono i piedi –
Percorso di terra, di aria, di nulla –
Un cammino legnoso,
che va a caso,
una pace di quarzo, come pietra –

Questa è l’ora di piombo –
che ricorda chi sopravvive
come gli assiderati, la neve
Dapprima una sensazione di freddo – poi lo stupore –
Infine la resa.

Con me non bisogna parlare
di Marina Cvetaeva

Con me non bisogna parlare,
ecco le labbra: date da bere.
Ecco i miei capelli: carezzali.
Ecco le mani: si possono baciare.
Meglio, però, fatemi dormire.

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