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22.12.2023  |  Racconti

Una piccola magia straordinaria chiamata Pet Therapy

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Dal 2014 la pet therapy è una delle attività diversionali incluse nel servizio di degenza in Casa VIDAS e dal 2019 anche in Casa sollievo Bimbi.

Oggi i nostri pazienti possono beneficiare di quattro sessioni settimanali, due per adulti e due per bambini, a cura dell’associazione Equi-librarsi.

Una lunga storia

La storia del rapporto tra uomo e animale è antica quanto la vita stessa.

Fin dalla Preistoria gli esseri umani si sono serviti degli animali per lavorare, per procurarsi il cibo, per controllare i propri beni, ma non solo: gli animali sono stati – da sempre – amati dall’uomo.

Non sorprende quindi che fin dall’Epoca Moderna abbiamo esempi di interventi assistiti da animali per migliorare la condizione umana. Nel 1792 in Inghilterra lo psicologo William Tuke è il primo a consigliare a pazienti con malattie mentali di prendersi cura di piccoli animali, migliorando il loro autocontrollo e scambio affettivo.

Circa 50 anni dopo, in Germania, si cominciano a studiare gli effetti che l’interazione frequente con gatti, cani, cavalli e altri piccoli animali ha su malati di epilessia e persone disabili.

Ma è solo nel XX secolo che viene ufficialmente coniato il termine pet therapy – letteralmente “terapia con animale domestico” – grazie agli studi dello psichiatra infantile Boris Levinson, che ha condotto lunghe e approfondite ricerche sulle interazioni positive tra cani e bambini autistici.

Oggi tutti gli esperti sono concordi nel confermare i numerosi benefici che la vicinanza di un animale ha nei confronti delle condizioni di salute di adulti e bambini malati, non tanto e non solo per il miglioramento del loro quadro clinico, ma soprattutto per i vantaggi che portano alla sfera psicologica.

È infatti ormai comprovato che la pet therapy migliora l’umore, diminuisce il livello di stress e riduce la sensazione di dolore nei pazienti.

Linee guida per la pet therapy

La pet therapy si rivolge a tutti, non solo a chi è portatore di una disabilità. Funziona infatti molto bene anche in casi di marginalità sociale e altre difficoltà personali.

In generale, le linee guida per la pet therapy prevedono il cavallo, l’asino, il cane e il coniglio.

“Al posto dei conigli con i bambini preferiamo utilizzare i porcellini d’India,” spiega Daniela Beretta, responsabile delle attività di pet therapy portate avanti da Equi-librarsi. “Essendo più piccini riescono ad avere un approccio più simbiotico con i pazienti di Casa Sollievo Bimbi, dove ci sono dei bambini con delle limitazioni fisiche per le quali non riuscirebbero a interagire con – ad esempio – un pony. Ma spesso succede che da zero interazione con nessun animale provano a fare delle carezze, sorridono e mandano baci ai nostri porcellini.”

La pet therapy non è solo per i nostri pazienti e per le loro famiglie, ma fa parte del progetto di VIDAS di prendersi cura di chi cura. Trilliy porta un’ondata di gioia e tutti gli operatori di Casa VIDAS cercano di passare a salutarla,” dice Monica Pontremoli, coordinatrice della pet therapy in VIDAS.

Portare un pony come Trilly crea sempre stupore, perché è un animale con cui le persone non sono molto abituate a interagire. “È un ottimo animale anche per persone adulte che hanno difficoltà a muoversi, perché allungando un braccio possono accarezzarlo anche stando a letto,” continua Daniela.

Ogni animale ha i suoi pro e può portare benefici a seconda del paziente a cui si approccia.  “Sono dei momenti magici, perché l’interazione che riusciamo ad ottenere attraverso i nostri animali porta a vivere delle emozioni straordinarie.

Un piccolo miracolo natalizio

E a proposito di emozioni straordinarie, Daniela si ricorda molto bene “Un episodio successo qui in VIDAS tanti anni fa. Credo fosse la Vigilia di Natale, quando ci hanno chiamato per un’urgenza. C’era un bambino, un bambino piccolo in Casa Sollievo Bimbi che non stava bene, non voleva mangiare e non voleva parlare con nessuno. L’unica cosa di cui chiedeva era Trilly,” racconta ancora un po’ commossa Daniela.

“Arriviamo con Trilli in degenza e la portiamo in camera del paziente. Stiamo 45 minuti con Trilly e questo bambino, che passa tutto il tempo a interagire con la pony, la accarezza, le parla, le dà dei bacini”, è una scena di grande tenerezza.

“Quando è il momento per noi di andare via con Trilly, si gira verso sua mamma e le dice ‘Mamma io ho fame’. Dopo giorni che rifiutava il cibo. Per me è stato un momento veramente magico e straordinario”.

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