Ricordo perfettamente quando quasi sei anni fa abbiamo iniziato questo cammino con Silvia e Milo della Maith e l’arca di Noè degli animali che sono venuti in casa Vidas. Il primo amore non si scorda mai e Moka e Toffy, i primi cani che abbiamo conosciuto, hanno un posto speciale nel nostro cuore e credo noi nel loro visto che quando imboccano via Ojetti cominciano ad agitarsi. Abbiamo iniziato ed ora fanno parte della grande famiglia di Vidas. Lo racconta Silvia in questo post.
Sempre più frequentemente si affronta il tema di una medicina “umana” che si ponga nei confronti del malato non in quanto tale ma come persona nella sua interezza; i sentimenti, le relazioni personali, tutto un insieme di fattori rende ogni paziente unico. Le cure palliative si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da malattia.
La definizione di cure palliative è derivata dal termine latino pallium (il mantello che ti copre, ti protegge), sinonimo di assistenza (ad-sistere = “stare (seduto) accanto”), accoglienza e, più precisamente, adesione solidale e supporto ai malati e al loro nucleo famigliare ed affettivo, nonché sollievo al dolore.
In hospice l’ambiente è accogliente, sereno, l’obiettivo è affermare la vita fino in fondo, con dignità. Da quasi sei anni con la nostra associazione Maith ci siamo affiancati a Vidas per intraprendere un progetto (allora) pionieristico di pet therapy a supporto delle cure palliative. Fin da subito l’approccio dolce di questa co-terapia è stato condiviso con l’équipe Vidas e a ogni incontro ci affiancano i volontari, gli OSS, i tirocinanti, tutto grande gruppo multidisciplinare che ha come obiettivo il benessere di chi è in hospice.
Durante le attività si avvicendano sia cani che conigli, porcellini d’india, gatti e c’è anche stato un progetto pilota con delle galline. La presenza degli animali in questo contesto aiuta a distrarre dalla malattia, a rendere piacevole l’ambiente; gli animali ci insegnano a vivere il presente come unico momento veramente importante e a focalizzarci su di esso. Questo punto di vista è un supporto sia per i pazienti sia per i parenti che stanno assistendo i loro cari in un percorso di malattia.
Accarezzare un animale significa lasciarsi andare alla tenerezza, significa riscoprire il contatto fisico, il calore di un corpo che si rilassa accanto a noi. L’animale ha un odore che non è di “terapia”, di farmaci, quando ci guarda non vede un corpo malato ma la persona, non giudica ma ci affianca incondizionatamente; valvola di sfogo emozionale, attraverso un gioco di proiezioni, (meccanismo della proiezione) si trasferisce sul pet il proprio mondo interiore e i propri stati d’animo.
Di più, la presenza di un animale risveglia ricordi di vita passata, frammenti di vita che tornano ad affiorare alla mente. Magari un cane che avevano i nonni, esperienze vissute, aneddoti divertenti che spesso riescono a coinvolgere anche altri pazienti ricoverati. Sì perché spesso un animale è un comune denominatore in grado di accomunare persone molto diverse e diventare catalizzatore sociale.
I benefici della presenza di un cane hanno basi chimiche e fisiche: il suo affetto stimola l’organismo a produrre endorfine inducendo uno stato di tranquillità e rilassatezza.
Insomma: basta un'”inutile” carezza a capovolgere il mondo!