Ti serve assistenza sanitaria?
11.04.2022  |  Operatori

L’importanza delle cure palliative precoci nei malati di Parkinson

Condividi

Prosegue il nostro percorso di conoscenza dell’applicazione delle cure palliative nelle malattie non oncologiche. Dopo aver parlato di cure palliative nella SLA, questa volta affronteremo un’altra malattia degenerativa che richiede assistenza precoce e una pianificazione condivisa delle cure: la malattia di Parkinson. Grazie al contributo di Maura Degl’Innocenti, medico palliativista VIDAS, capiremo meglio quali sono i principali sintomi di questa patologia e gli interventi più idonei per migliorare la qualità della vita dei malati.

Cos’è il morbo di Parkinson

Il Parkinson è una malattia cronica neurodegenerativa che insorge di solito intorno ai 60 anni, ma in taluni casi può manifestarsi in forme più precoci anche in persone giovani, così come in età più avanzata. Coinvolge principalmente le funzioni del movimento e dell’equilibrio e ha un decorso molto lento e inesorabilmente progressivo, tanto che di solito le persone malate di Parkinson hanno un’aspettativa di vita paragonabile a chi non ne è affetto.

Sintomi, cause e terapie

Le causa del Parkinson non sono ancora note, per cui la terapia principale è finalizzata a riequilibrare i livelli di dopamina, una sostanza che si riduce a causa della degenerazione dei neuroni. Ciò accade nella zona del cervello deputata al movimento, ecco perché i primi sintomi del Parkinson riguardano:

A seconda del livello di rigidità muscolare, si possono rendere utili vari tipi di ausili in progressione: si inizia con il deambulatore, per poi passare alla carrozzina e infine al letto articolato, a seconda di quanto la rigidità blocca i movimenti.  

Poi c’è un secondo gruppo di sintomi psichici:

Nelle fasi più avanzate della malattia si va incontro a peggioramento dei disturbi neurologici con:

 e insorgenza di disturbi cognitivi fino alla demenza.

Dall’elenco di tutti questi sintomi, non è difficile comprendere quanto una persona malata di Parkinson abbia bisogno di assistenza sin dalle prime fasi della malattia, in primo luogo da parte dei propri familiari, come conferma anche la dott.ssa Degl’Innocenti:

Il quadro delle difficoltà motorie e delle difficoltà di tipo psichico-relazionale fanno sì che queste persone abbiano nei confronti delle loro famiglie un carico assistenziale notevole: l’aspettativa di vita può essere molto simile a quella di una persona non malata, ma quello che cambia notevolmente è la qualità della vita”.

Purtroppo, non esiste una terapia risolutiva per il Parkinson, ma viene utilizzata con buona efficacia la Levodopa, per ristabilire i livelli di dopamina nel cervello. Anche per questo motivo la progressione della malattia di Parkinson è molto lunga e richiede assistenza continua.

Perché applicare le cure palliative ai malati di Parkinson

La lunga aspettativa di vita dei malati e l’eterogeneità dei sintomi sono due caratteristiche del Parkinson che implicano l’esigenza di intervenire il prima possibile, non tanto sulla durata quanto sulla qualità della vita di chi soffre di questa patologia. In tal senso la dott.ssa Degl’Innocenti è molto chiara:

Alcuni studi recenti hanno evidenziato che le persone che ricevono cure palliative durante la malattia riescono a migliorare la qualità della vita e, anche se il carico del caregiver non si riduce, almeno percepisce meno ansia e difficoltà nell’accudimento, sentendosi supportato”.

Il grande valore aggiunto delle cure palliative è infatti la pianificazione condivisa delle cure, sancita dall’articolo 5 della Legge 219/2017, che nel comma 1 afferma che:

Nella relazione tra paziente e medico di cui all’articolo 1, comma 2, rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, può essere realizzata una  pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico e l’equipe sanitaria sono tenuti ad  attenersi, qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità”.

Ciò significa che una persona affetta da Parkinson può esprimere le proprie volontà rispetto alle cure che intende ricevere o rifiutare, anche prima che insorgano dei disturbi invalidanti sulle sue capacità cognitive. La dottoressa ci spiega meglio di cosa stiamo parlando:

Chiaramente non stiamo parlando di cure palliative del fine vita, come forse siamo abituati a pensare per i malati oncologici, ma di cure palliative precoci che potrebbero essere fatte anche da un neurologo o da un ambulatorio di cure palliative all’interno del centro di riferimento. Non di cure palliative domiciliari, quindi, ma di una forma più precoce nell’esordio della malattia e rivolte proprio alla qualità della vita e al controllo dei sintomi”.

Nelle fasi avanzate di malattia le cure palliative possono fornire un aiuto fondamentale ai malati e ai loro familiari nella gestione dei sintomi quali disturbi psichici, problemi di deglutizione, terapia del dolore causata dalla rigidità muscolare; inoltre, intervenire precocemente permetterebbe di rispettare le volontà del paziente nell’ambito della pianificazione delle cure.

L’esperienza di VIDAS

L’esperienza di VIDAS nell’assistenza ai malati di Parkinson finora ha riguardato la presa in carico nel fine vita, quando ormai si affronta il sintomo indipendentemente dalla patologia che l’ha causato.

Ci sono solitamente due condizioni che possono portare all’attivazione di un’assistenza domiciliare da parte di VIDAS: da un lato le cadute, molto frequenti in questi malati, a causa delle loro difficoltà di movimento e di equilibrio; dall’altro le polmoniti ab ingestis, collegate alle difficoltà di deglutizione. Chiudiamo quindi con il racconto dell’esperienza diretta della dottoressa:

Anche la mia esperienza personale è sempre stata legata al fine vita piuttosto che alle fasi precoci. Non ricordo nessuno che in una fase più iniziale del Parkinson si sia rivolto alle cure palliative. Solitamente arrivano da noi con una polmonite ab ingestis o con una frattura inoperabile o perché hanno delle disfagie così gravi che richiedono un’alimentazione artificiale che non è possibile fare in forma di PEG o sondino oppure perché l’hanno rifiutata – anche questo può essere un motivo di intervento di cure palliative, che dipende dalla scelta fatta prima. Se un paziente arriva ad essere disfagico e ad aver bisogno di un’alimentazione artificiale quando già ha una compromissione cognitiva, quella scelta viene fatta dal familiare. Anche per questo sarebbe importante fare una pianificazione condivisa delle cure prima. Credo davvero che questi malati potrebbero beneficiare di un percorso di cure palliative precoci somministrate a livello ambulatoriale, ma in Italia non è ancora una pratica diffusa”.

Scopri tutte le categorie di racconti VIDAS

Operatori
Scopri ora
Volontari
Scopri ora
Donatori
Scopri ora

Scopri tutte
le categorie
di racconti
VIDAS

Novità

La sezione novità è dedicata a te, per rimanere sempre al passo con ciò che succede in VIDAS: qui troverai tutti gli aggiornamenti sulle attività e le nuove possibilità per sostenerci, i prossimi eventi e le iniziative culturali in programma.
Scopri tutti gli articoli

Cultura

Un’intensa attività culturale affianca da sempre quella assistenziale: in questa sezione approfondirai la filosofia ispiratrice di VIDAS e aprirai la mente a una riflessione più ampia su tematiche esistenziali e sociali, sul vivere e sul morire.
Scopri tutti gli articoli
back to top
Stai navigando con Internet Explorer, non tutte le funzionalità di questo sito vengono garantite su questo browser. Per navigare il sito in sicurezza ti consigliamo di usare Chrome, Safari o Firefox.